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San Vincenzo, fratello dei poveri

Intervista al direttore della Caritas diocesana Giancarlo Pecetti sulle ragioni del convegno e sulle paure che si diffondono tra la gente

Una giornata come pausa di riflessione per chi si occupa di poveri e di povertà ogni giorno, ma anche per chi vorrebbe capire meglio cosa significa vivere da cristiani con quessta attenzione richiestaci dal Vangelo. La giornata sulla povertà, e sul santo che dei poveri ha fatto la propria missione, san Vincenzo de’ Paoli, è pensata per tutti anche se in particolare si attende che vi partecipino gli operatori delle Caritas parrochiali, i diaconi, i sacerdoti e volontari. E è segno di questa dimensione diocesana la stessa presenza dell’arcivescovo, il cardinale Gualtiero Bassetti. Ne parliamo con il direttore della Caritas diocesana Giancarlo Pecetti che ricorda come “in Caritas diocesana il rapporto con la povertà è quotidiano: dai 15 ai 20 poveri ogni mattina, si presentano con i loro problemi di affitto e di sfratti, di lavoro perso, e tanti vari drammi”.

Come è nata l’idea di questo tema per il Convegno?

“Prima di tutto perché abbiamo bisogno di una formazione spirituale profonda. Abbiamo potuto constatare che nelle parrocchie qualche volta ci sono dei problemi da questo punto di vista. E qui si pone la scelta di san Vincenzo nata semplicemente dalla lettura di un librettino che raccontava come si rapportava con i poveri. Quindi è nata questa idea di scegliere questo Santo ed entrare in profondità nella sua spiritualità perché era veramente uno che aveva donato la sua vita totale ai poveri, riconoscendoli come suoi signori e padroni”.

Cosa vi sembra attuale oggi di questo santo?

“Per esempio oggi è necessario riscoprire la relazione tra il ‘fare’ e l’‘essere’. Nelle nostre parrocchie abbiamo delle realtà che spesso sono più centrate sul ‘fare’. San Vincenzo quando lo contestavano dicendo ‘ma tu non puoi predicare a chi ha fame se non gli dai il pane’, rispondeva che non si può scindere il dar da mangiare alle persone dal fatto spirituale perché l’uomo rischia di morire sia se gli manca la formazione spirituale, sia se gli manca il cibo”.

Questo significa anche una relazione personale con i poveri… “Certamente, lui aveva questa relazione. Per esempio (e anche oggi sarebbe necessario entrare in questa dinamica spirituale), lui quando parlava con i poveri li ascoltava, li accoglieva, ma poi quando doveva decidere pregava lo Spirito Santo per poter dire a quella persona le parole giuste. Era una persona umile ma anche risoluta. Questa umiltà ci manca, manca nella società soprattutto, e forse qualche volta può mancare anche nella Chiesa. Il Signore ci dice di rinunciare a noi stessi per seguire Lui, di perdere la nostra vita per l’altro. Forse se sentiamo questa vocazione alla chiamata verso i poveri è necessario che sentiamo anche di non appartenere più a noi stessi. Mia moglie me lo dice spesso: ormai non apparteniamo più a noi stessi, la nostra vita è cambiata”.

Oggi sembra crescere la diffidenza verso i poveri e sopratutto verso gli stranieri … “Io sto assistendo a cose impressionanti, a un razzismo latente che sta sempre più uscendo fuori. Altro che dignità del povero, della persona! Gente che ci telefona perché quando i poveri si fermano in una via ‘rovinano il decoro urbano’ o deprezzano gli appartamenti, quindi devono andare via, o gente che non vuole i profughi nel loro quartiere o paese… ”.

“Sì, ed anche per questo che abbiamo chiamato questi relatori che potranno darci un quadro anche a livello nazionale, perché ci aiutino ad entrare un pochino più nell’accoglienza dell’altro, perchè sono persone, né animali né piante. Sono persone e la vita di queste persone è identica alla vita nostra. Perché non chiamarli fratelli?”.

Maria Rita Valli

Giancarlo Pecetti direttore della Caritas diocesana

C’è una grande paura …

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