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Un’esperienza di fiducia e accoglienza

Primo giorno in Malawi, a Thondwe, a pochi chilometri da Zomba. Simone esce da Casa Perugia, scende in strada per vedere, capire dove è. Una bambina lo osserva un po’. Lui ha la pelle chiara, è alto e non parla la sua lingua. Lei è piccola (potrebbe avere 4 o 5 anni) ha la pelle scura e lo vede per la prima volta. Dopo poco gli va incontro, lo prende per mano e lo porta a vedere il suo villaggio.

Nell’incontro con questa bambina Simone, uno dei dieci ragazzi che sono stati in missione a Zomba con l’associazione “Amici del Malawi” dal 17 settembre all’8 ottobre, vede riassunta tutta la sua esperienza: fiducia e accoglienza.

Simone, catechista da 10 anni, laureato in filosofia e animatore di oratorio, con Benedetta, animatrice di oratorio e sesta di 11 figli, e Giacomo, appena diplomato, accompagnati da don Marco Briziarelli che da pochi mesi è presidente dell’Associazione, vengono a trovarci in redazione per raccontarci di questa esperienza missionaria.

Con gli occhi che si accendono di una luce particolare quando parlano, cercano di spiegarci cosa significa fare un’esperienza missionaria in una terra in cui il cristianesimo è già stato annunciato. Sono stati accolti in una diocesi che ha un vescovo africano e circa 40 sacerdoti tra malawani e missionari. Per attraversarla tutta ci vogliono circa 8 ore di macchina su strada asfaltata e quando questa finisce per fare 20 chilometri ci si impiega un’ora e mezza. È una terra dove i cristiani sono il 75% degli abitanti (i cattolici sono circa un terzo) e convivono pacificamente con i musulmani; dove la vita media è di 50 anni e molte donne muoiono di parto; dove l’economia principale è data da una agricoltura di sussistenza in una terra arida che quando è bagnata dall’acqua è un’esplosione di vita, ma quando le piogge non arrivano non dà nulla ed è carestia, come quella che hanno vissuto negli ultimi anni e ha portato alla fame interi villaggi.

Simone ha fatto esperienza di una missione “al contrario, perché è più vero che sono loro che evangelizzano noi”. Come la bambina che con quel gesto - come non se ne vedono più da noi - gli ha fatto vedere cosa vuol dire fiducia. A Casa Perugia il gruppo aveva ogni giorno la preghiera e la messa celebrata da don Marco, mentre la domenica partecipavano alla messa del villaggio. “Abbiamo visto concretizzarsi la Parola che ascoltavamo”, e citano Gesù che chiama a sè i bambini e lì i bambini sono tanti e capaci di divertirsi con nulla.

“Ci siamo sentiti accolti, come a casa” dice Giacomo , che fa il confronto con la vacanza a Londra un anno prima quando l’impatto con la vita frenetica della metropoli lo aveva sconvolto. Lì, a Zomba no. Anche se per lui abituato a riempire il tempo con qualcosa da fare o con lo smartphone tra le mani, vivere, con loro, i “tempi morti” è stata un’esperienza come non avrebbe mai immaginato.

Tutti sono stati contagiati dal sorriso e dalla gioia dei loro nuovi amici, dalla loro capacità di esprimere gratitudine per tutto.

“Quando sono tornata - racconta Benedetta ho notato che era cambiato il mio modo di vedere le cose, lo stupore per un tramonto, e per tante altre piccole cose. Lì pensavo di avere molto mentre loro vivono dell’essenziale in capanne in cui non c’è nulla, e i primi giorni che sono tornata continuavo ad uscire senza borsa, senza cellulare e senza portafoglio!”.

Per tutti ciò che resta di quel viaggio in mezzo a tanti ricordi ed emozioni è la capacità di guardare la loro vita da una prospettiva diversa.

Nelle loro parole il calore che hanno ricevuto non nasconde i problemi che pure ci sono e hanno visto, ma glieli fa vedere e valutare con altri occhi. E se possibile, appena possibile, andranno di nuovo a trovare i loro nuovi amici.

Maria Rita Valli

Dieci giovani della diocesi perugina hanno vissuto ventitré giorni in Malawi.

Testimonianze e emozioni dalla missione I bambini dell’asilo; foto del gruppo della raccolta del tè; l’avventura del safari.

Vedi la foto galery nell’edizione digitale

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