Bookmark and Share

Don Armando Matteo: in una società malata di giovanilismo, ai giovani non si trasmette la fede

“La cosa più bella che la Chiesa oggi può offrire ai giovani - dice don Armando Matteo , intervistato da La Voce - è soprattutto un’esperienza di festa, un’esperienza di riconciliazione con la propria umanità, e quindi anche con la meta che ogni giovane ha davanti a sé: diventare adulto, grande, crescere. In una società in cui queste esperienze sono vissute come qualcosa di orribile, l’esperienza cristiana invece ci restituisce l’idea che noi siamo nati per diventare adulti, cioè siamo nati per prenderci cura degli altri, del mondo”.

Quanto è difficile rivolgersi a una “categoria” che quasi sparisce dall’orizzonte di una società sempre più vecchia?

“Già nel 1999 Ilvo Diamanti scrisse un libro intitolato La generazione invisibile, e certamente questo è uno dei grandi peccati che sta compiendo la società attuale, cioè quello di non riconoscere la specificità del mondo giovanile può apportare alla società, perché i giovani esistono proprio per diventare grandi e quindi per portare dentro energia, forze, nuove idee. Ma una società che è malata di giovanilismo, come dice Papa Francesco, usa la filosofia del trucco, cioè nascondere la propria età per non cedere più nulla.

Oggi non c’è niente di più facile, per mettere qualcuno da parte, che dirgli ‘sei giovane, puoi aspettare’ e così via. A questo è legata anche la fatica di credere, perché la società adulta sostanzialmente crede solo nella giovinezza, e non fa più spazio all’esperienza della fede nella propria vita. Nelle famiglie questi adulti pregano poco o per niente, non leggono il Vangelo, non parlano delle cose della fede, per cui i bambini crescono nell’area cattolica della parrocchia, dei movimenti e anche delle associazioni, però a casa imparano che, quando diventi adulto, tutte queste cose le devi abbandonare come abbandoni tutti le cose che sono dei bambini.

Da questo punto di vista la Chiesa deve superare il pericolo della ‘bambinizzazione della fede’ e restituire, da una parte, alla fede la sua destinazione agli adulti, dall’altra invitarli ad accettare la propria vita anche grazie alla propria fede”.

È un problema più di responsabilità da parte degli adulti, oppure di volontà di emergere da parte dei giovani?

“Chiunque abbia studiato queste cose riconosce che c’è un grande ‘peccato originale’ da parte degli adulti. Siamo una generazione che speriamo possa anche grazie ai lavori del Sinodo - risvegliarsi e capire che non c’è cosa più bella per un adulto vedere i propri figli, i giovani di questo mondo, assumere al più presto il loro destino. I giovani in questo momento non hanno colpe. Purtroppo, come si dice, nessuno può scegliere i propri padri: nessuno può scegliere la generazione che gli viene prima, e questo, se vogliamo, è la loro sfortuna”.

Mario Francescucci

Bookmark and Share