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Ai ragazzi tutto l’amore che ho

Il torneo dei ragazzi degli oratori visto dal punto di vista degli “alleducatori”, coloro che sono chiamati ad allenare i protagonisti sia sportivamente che spiritualmente

“Que mas? Cosa vorresti di più?”

Questo lo slogan dal sapore latino della Star cup 2018, il torneo “evento” di calcio a cinque per i ragazzi delle superiori inseriti nelle varie realtà parrocchiali della diocesi di Perugia - Città della Pieve. La competizione si è tenuta quest’anno dal 27 aprile al 1° maggio presso lo stabilimento sportivo di Santa Sabina ed ha riguardato più di mille ragazzi divisi in 106 squadre tra maschili e femminili. Tanti giovani partecipanti, ma anche tanti altri giovani che spendono il loro tempo e il loro impegno nell’organizzazione della manifestazione. Tra questi, oltre all’equipe “Sportlab”, i volontari che gestiscono praticamente la parte logistica, vi sono anche gli “alleducatori”, coloro che si occupano della formazione sia sportiva che spirituale dei ragazzi in gioco.

Tra partite, catechesi e momenti di preghiera, alcuni di loro hanno raccontato i giorni di torneo e la loro esperienza a La Voce , partendo dal significato del tema esotico di questa edizione. “Un ragazzo della mia squadra mi ha chiesto se fosse in francese” scherza Alessandro , 20 anni, alleducatore dei Casarsenal, squadra maschile dell’oratorio di Case Bruciate di Perugia.

“Così non solo abbiamo tradotto il significato di questa domanda, ma abbiamo anche cercato di spiegarlo ai nostri giocatori con ‘Cosa oltre?’. Come educatori vogliamo infatti invitare i ragazzi ad andare oltre la quotidianità della nostra vita che spesso ci genera una sensazione di monotonia - ha proseguito Alessandro - . Cosa vuoi aggiungere dunque alle tue giornate che gli dia un valore?

Questo abbiamo chiesto ai giovani calciatori”. “Il valore aggiunto che lo slogan richiama è quello della fede - spiega Marco , 24 anni, alleducatore delle Hopeless, squadra femminile della parrocchia Santa Maria della Speranza di Olmo - . Abbiamo presentato il tema di quest’anno alla nostra squadra con un video e li abbiamo invitati a scoprire quel salto di qualità, quel qualcosa in più che una vita insieme al Signore può regalare”.

La popolarità che la Star cup ha guadagnato di anno in anno fra i giovanissimi ha però gettato un’ombra sulla parte spirituale dell’evento, tanto che molti si chiedono se ormai non sia solo un semplice torneo di calcetto come tanti. “È anche il mio dubbio - racconta Rachele , alleducatrice 33enne, per il primo anno al timone delle squadre di Casaglia - . Spesso bisogna insistere con i ragazzi perchè partecipino alle catechesi e ai momenti di adorazione, ma mi sono detta che anche questo è importante perchè avere delle regole è fortemente educativo. Inoltre c’è sempre una speranza che anche solo una delle parole ascoltate in questi giorni di torneo possa averli colpiti e tornargli alla mente in futuro”. “C’è anche chi pensa il contrario, ovvero che ci sia troppa Chiesa di mezzo afferma Alessandro - ma la verità è che senza la Chiesa diocesana e l’aiuto dei nostri sacerdoti la Star cup non esisterebbe neanche, quindi è grazie alla parte spirituale che può esistere anche quella di gioco”.

Gli “alleducatori” (allenatori/educatori) sono giovani o adulti, hanno un passato sportivo alle spalle oppure no, ma sono tutti accomunati da un’esperienza di fede che li ha portati a donare molto del loro tempo ai ragazzi della parrocchia. Come spesso accade però, a volte gli allievi superano i maestri: “Alcune delle ragazze della squadra hanno cominciato quest’anno a giocare a calcio e hanno comunque accettato di competere davanti a tantissimi spettatori. Questo mi ha insegnato l’importanza del sapersi buttare anche in una sfida che pensi possa non appartenerti completamente perchè se qualcuno ti ha chiamato evidentemente è la tua sfida” dice Marco, al suo primo anno come allenatore, ma giocatore veterano della Star cup. “Un ragazzo non voleva mai togliersi la maglia della squadra.

Quando gli ho chiesto perchè mi ha risposto che la maglietta dell’oratorio era la sua seconda pelle. Dopo anni da giocatore ho imparato da loro l’attaccamento alla maglia e alla parrocchia” racconta Alessandro. “I ragazzi mi hanno insegnato a dare tutto - dice Rachele - tutto l’amore che ho”.

Valentina Russo

“Ho imparato cosa significa l’attaccamento alla maglia e alla parrocchia”

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