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Gli umbri non votano più a sinistra. Perché?

Era il 1984 quando La Voce, con mons. Elio Bromuri alla sua guida da circa un anno, dedicò una serie di articoli e interviste ad approfondire il tema “Perché l’Umbria è rossa”. Potrebbe essere, quello che stiamo vivendo, il momento giusto per porsi il quesito totalmente opposto, e cioè valutare se, dopo il voto politico del 4 marzo scorso e quello amministrativo di giugno in centri importanti come Terni, Spoleto e Umbertide, si possa definitivamente archiviare l’esperienza della sinistra, storica o nuova che sia, al governo della regione. Per fare posto a nuove colorazioni, con la Lega di Salvini a mietere consensi, Fratelli d’Italia in crescita e Forza Italia a cercare di tenere botta.

Un’Umbria politicamente di centrodestra, con il Movimento 5 stelle, ormai da qualche tornata elettorale, intorno al 27 per cento. Di sicuro, ragionare su cambiamenti politici di questa dimensione e di questa portata storica, che rientrano in dinamiche politiche, sociali ed economiche di più vasto raggio, richiede un tipo di analisi che non si fermi a uno solo o a pochi aspetti della questione.

Così, non basta parlare della ‘polverizzazione’ delle classi sociali e, in particolare, della scomparsa di quella storicamente conosciuta come classe operaia, in Umbria come nel resto d’Italia, per motivare la crisi della sinistra tutta, dal Pd ai movimenti e partiti che gravitano in quest’area. Così come non è soltanto recitare il De profundis a quella cultura contadina tessuto connettivo dell’Umbria di alcuni decenni or sono - che può servire a giustificare un arretramento di quelle forze politiche, principalmente di centro e a ispirazione cattolica, sulle quali ormai il dibattito politico sembra aver steso un velo tutt’altro che pietoso, lasciando spazio ad approcci esistenziali ed etici che poco hanno a che fare con quel ‘mondo antico’ della solidarietà e della genuinità.

Neanche i mutamenti economici, come la crisi del sistema cooperativo degli ultimi anni, o i crolli occupazionali e aziendali in tante zone dell’Umbria, possono da soli bastare a spiegare quanto sta succedendo a livello di cambio cromatico nella politica umbra.

Quando nel giugno 2014 la sinistra, che l’aveva governata per tutto il dopoguerra, consegnò Perugia al centrodestra del sindaco Andrea Romizi, molti analisti della politica commentarono che la città ‘restava comunque di sinistra’.

Credo che, dopo quanto successo con il voto politico e con quello amministrativo, nessuno possa più sostenere che il tessuto connettivo dell’Umbria politica sia rimasto a egemonia di sinistra.

E forse la sinistra sta ‘perdendo’ l’Umbria perché, mentre la realtà e la gente sono cambiate, la politica è rimasta, ostinatamente e poco lucidamente, la stessa di sempre. Parliamone. Da qui alle elezioni regionali del 2020, di tempo ce n’è a sufficienza.

Daris Giancarlini

Quando Perugia scelse come sindaco Andrea Romizi, molti analisti commentarono che la città ‘restava comunque di sinistra’. Dopo le ultime tornate elettorali, è difficile mantenere quella tesi

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