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“La presenza di Dio oggi si chiama Rohingya” ha detto Francesco

Grazie, Papa Francesco, per la visita che hai fatto ai popoli del Myanmar e del Bangladesh!

Grazie per essere venuto da lontano, dall’Occidente fino all’Oriente profondo e verde. Grazie per aver lasciato la tua casa e per essere venuto a visitare queste terre amate e la sua gente multicolore! È stato un viaggio impegnativo, laborioso, non facile, complicato. Ci ha fatto conoscere meglio il Myanmar (ex Birmania), il suo popolo, la sua gente, la sua storia, i suoi problemi, i suoi orizzonti aperti. Il Myanmar è appena uscito da una lunga dittatura militare, le istituzioni democratiche sono ancora molto fragili. La stessa comunità cristiana (circa 700 mila persone, l’1,3% della popolazione) potrebbe rischiare discriminazioni in caso di agitazioni politiche. In Myanmar ci sono 135 minoranze etniche ed esiste una minoranza musulmana - i Rohingya - alla quale non viene riconosciuto il diritto di cittadinanza. Nei mesi scorsi, in poco tempo, quasi 700 mila Rohingya hanno dovuto rifugiarsi in Bangladesh. “La presenza di Dio oggi si chiama rohingya , che ognuno abbia la sua risposta. La vostra tragedia è molto dura e grande, ma le diamo spazio nel nostro cuore. A nome di quelli che vi perseguitano e vi hanno fatto del male e per l’indifferenza del mondo, chiedo perdono, perdono”: così ha detto loro Papa Francesco a Dhaka. È stato un viaggio-incontro familiare, giovane, fiorito, capace di armonia. Ci ha fatto conoscere il piccolo, giovane e popolatissimo Paese del Bangladesh.

Il Paese dell’incontro interculturale, interrazziale, interreligioso “con comune desiderio - ha detto ancora il Papa - di armonia, fraternità e pace contenuto negli insegnamenti delle religioni nel mondo... Quanto bisogno ha il mondo di un cuore che batte con forza per contrastare il virus della corruzione politica, le ideologie religiose distruttive, la tentazione di chiudere gli occhi di fronte alle necessità dei poveri, dei rifugiati, delle minoranze perseguitate e dei più vulnerabili”. Una simpatica notizia: giorni fa, l’amico sacerdote brasiliano padre Almir, da alcuni anni in Bangladesh, è partito in bicicletta da Dinajpur (nel nordovest del Paese) diretto a Dhaka. Lui con altri due amici hanno percorso 450 km di distanza per andare a incontrare e salutare Papa Francesco! E Francesco ci dice: “Porto nel cuore i volti provati ma sorridenti dei popoli del Myanmar e del Bangladesh”. A oriente sorge il sole, a oriente nasce la speranza!

Onek dhonnobad (molte grazie), Papa Francesco!

Don Giovanni Gnaldi juangnaldi@hotmail.com

L’incontro di Papa Francesco con i profughi rohingya in Bangladesh

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