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“Voglio lavorare, far studiare i figli”

L’operazione rientra nel “corridoio umanitario” nato dall’accordo tra Governo italiano, Comunità di Sant’Egidio e Cei (che finanzia il programma e agisce tramite Caritas italiana e Fondazione Migrantes)

ventare autonomi”.

Cecilia Pani , volontaria di Sant’Egidio insieme al marito Giancarlo Penza , spiega l’iter da affrontare per la richiesta d’asilo: “Non uscite dall’Italia, una volta ottenuta la protezione umanitaria, perché diventereste irregolari”.

Alcune delle loro storie. La famiglia Tuy Tuy vedrà il mare di Sorrento. Il capofamiglia, Daniel Tuy Tuy , 49 anni, contadino sud-sudanese di etnia Nuer, ha la fronte attraversata da solchi. Non sono rughe ma tagli leggeri che nella loro tradizione rappresentano l’iniziazione alla vita adulta, a 15 anni. Traduce per lui il figlio Nhial , 28 anni, unico maggiorenne di 8 figli. Gli altri sono nati tutti in Etiopia.

Lui non ha i solchi come il padre, perché sono dovuti fuggire dal loro villaggio, Kirk, nella regione Malakal, 23 anni fa in piena guerra civile tra Sudan e Sud-Sudan (che allora non era ancora uno Stato indipendente). In compenso sulla fronte, dall’attaccatura dei capelli, spicca una spessa cicatrice. “Mentre eravamo al campo di Intang hanno cercando di uccidermi tirandomi una pietra - racconta. - C’erano rivalità interne. Sono rimasto a lungo con una gamba paralizzata, devo ancora finire di curarmi”.

Questi urban refugees ricevono un sussidio che varia da 70 a 130 euro al mese, a seconda dei membri della famiglia. Una cifra che non è sufficiente nemmeno a coprire le spese dell’affitto di una casa o una stanza. Inoltre, a causa del loro status, in Etiopia non possono lavorare. “È dura vivere tanti anni senza rendersi utile - dice Daniel. - In Italia voglio lavorare e dare ai miei figli l’opportunità di studiare”. Nhial invece non vede l’ora di finire gli studi universitari: “Vorrei diventare un manager. Ma sono disposto a fare qualsiasi lavoro”. Sono cattolici, e il padre tiene a precisare: “Appena arrivati in Italia, entrerò in una chiesa per ringraziare”.

Diciotto diocesi italiane li stanno aspettando. Tra gli uomini soli, c’è Arefaine , 36 anni. Pilota dell’Aviazione eritrea, è fuggito con l’aereo che guidava ed è atterrato direttamente in Etiopia per chiedere asilo politico; ha una protezione speciale. Parla bene inglese, è sorridente e composto, ma deglutisce per l’emozione quando gli operatori di Caritas e Sant’Egidio gli descrivono il suo futuro nella diocesi di Sorrento. Alla fine del colloquio si salutano alla maniera etiope: stringendosi la mano e toccandosi con le spalle destre.

P. C . - D. R.

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