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Testimonianze di preti da Collevalenza

F Don Alessandro Scarda, Perugia, parroco e direttore Ufficio Ceu per le vocazioni accio un po’ di autocritica. Ho 45 anni e mi chiedo: fino a quale età i preti sono giovani in Umbria? Fino a 50 anni dicono che siamo ‘preti giovani”, ma a 45 anni non sono giovane per niente figurarsi a 50! Essere adulto significa essere uscito da quell’adolescenza in cui uno pensa di stare al centro del mondo e scoprire, come diceva don Armando, che la persona adulta spende la vita per l’altro, muore per l’altro. Se uno vede una persona che muore per l’altro e vede che in questo c’è una grande fecondità, vede che c’è una grande gioia nel sapersi donare e vivere il sacrificio… ma le famiglie non insegnano ai figli a vivere il sacrificio. Ma sacrificarsi è bello o non è bello? La vita è meglio conservarsela o sacrificarla? Dobbiamo essere sinceri nella nostra vita, dire cos’è che è bello e cosa non lo è. Se questo è bello sceglieremo il bello.

Don Saulo Scarabattoli, parroco, Perugia I l fatto che ci si debba rivolgere agli adulti 40 50enni, come ha detto don Armando, significa intercettare la famiglia perché a 40-50 anni normalmente una persona ha già costruito la sua famiglia. Come fare a intercettare queste persone? Enzo Biemmi, un catechista italiano molto noto ha proposto il così detto ‘secondo annuncio’, che significa approfittare degli snodi importanti della vita, come il matrimonio, la nascita dei figli, poi il Battesimo e gli altri sacramenti per rivolgerci direttamente alle famiglie agli adulti, quindi non rivolgerci ai figli soltanto e ogni tanto alle famiglie, ma rivolgersi prima di tutto alle famiglie che poi porteranno i figli.

Don Simone Sorbaioli, parroco, Città della Pieve utto parte da una concreta attenzione verso l’altro, l’attenzione all’altro vuole dire quali sono i problemi, vuol dire vedere come le persone possono essere indirizzate verso una piena maturità umana, vuol dire far vivere il mistero, la carità che è imprescindibile. Se non ci si accorge che ci sono altri che hanno bisogno di te, che tu puoi fare qualcosa per gli altri e che non sei tu al centro dell’attenzione (in fondo è quello che noi chiamiamo carità e attenzione al prossimo) non ci può essere crescita, non ci può essere maturità umana vera.

T C Don Marcello Cruciani, Todi, coordinatore pastorale giovanile Ceu redo sia importante sottolineare che se i bambini vengono considerati come dèi e poi quando arrivano nell’età giovanile vengono esclusi, la conseguenza è la frustrazione: quella di non trovare un lavoro o no trovare un impegno nella vita. Gesù è l’uomo che è modello di vita in tutte le sue fasi. Solo lui può aiutare le persone comprendere tutte le stagioni della vita e a comprendere e accettare di non siamo immortali.

Don Stefano, Terni, parroco, direttore Ufficio catechistico diocesano er la comunicazione e la trasmissione della fede, come ci ha suggerito Don Armando è importante che ci siano figure capaci di comunicare alle nuove generazioni la fede. Questo è un problema serio che la Chiesa ha posto fin dagli anni ‘70 col rinnovamento della catechesi ponendo al centro l’importanza e l’insostituibilità dell’adulto in questo ruolo. Tra l’altro don Armando ha scritto anche un ultimo testo “L’adulto che ci manca”. È stato bello che stamattina alla presenza del clero umbro e dei vescovi sia stato posto, e mi auguro che da qui scaturisca anche non solo una maggiore riflessione ma anche delle azioni concrete che possano farci prendere una direzione che è quella della formazione dei formatori.

P Don Umberto Stoppa, Perugia, parroco M i sembra che viviamo in una cultura dove di fatto quello che è l’impegno e la responsabilizzazione sta calando paurosamente, sia a livello di adulti, dei genitori (e mi impressiona sempre vedere i bambini abbandonati, lasciati soli a se stessi per ore davanti alla televisione) sia di conseguenza anche i giovani. I giovani non hanno grosse prospettive e molto dipende dalla mia generazione, una generazione che non ha saputo creare spazi, futuro, orizzonti praticabili e visibili. Questi giovani sono così… non sanno quello che fare, come andare avanti, non sanno una volta finito un percorso che cosa li aspetta. E questo credo che sia la difficoltà. Cosa può fare la Chiesa? Credo che c’è il rischio del ritirarsi nella risacca o anche di fare delle proposte giovanilistiche. Gesù nel vangelo ci insegna ad essere molto esigenti, perché se no non si cresce, se no si va dietro alle mode, dietro al leader carismatico, ma poi?

(Sul nostro sito www.lavoce.it le interviste integrali)

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