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Alle elezioni comunali di Terni hanno vinto i cattolici... ma si tratta degli “altri” cattolici

Non è la prima volta che Terni ha un sindaco cattolico, ma è la prima volta che Terni ha un sindaco che brandisce la propria religione. A un osservatore intermittente delle cose ternane, questa vittoria potrebbe apparire una conseguenza prevedibile. A differenza di quanto era avvenuto per decenni, dalla fine degli anni ’80 alcune istituzioni ecclesiali avevano conquistato uno spazio importante nel dibattito pubblico cittadino: l’Azione cattolica e la Fuci, l’Istess, lo stesso Consiglio pastorale diocesano, infine la Chiesa locale nel suo insieme. Con il convegno del 2008 sul “futuro della città”, poi, questa presenza si era trasformata in una vera e propria leadership culturale.

Così, il nostro osservatore intermittente potrebbe immaginare che da un protagonismo culturale sia maturato un successo politico.

Però sbaglierebbe di grosso. Il cattolicesimo portato a palazzo Spada dalla maggioranza a controllo leghista è l’“altro” cattolicesimo ternano (o uno degli “altri”).

Politicamente non è di alcun interesse chiarire quale dei due sia quello “vero” o quello migliore. Si tratta invece di riconoscere che il crescente ruolo socio-culturale di una parte del cattolicesimo ternano è stato politicamente sterile, mentre un cattolicesimo senza Concilio, senza riunioni, senza programmi (nel senso proprio del termine), un cattolicesimo tutto umori e nostalgie ha avuto un ruolo politico importante e trovato spazio nella coalizione vincente. Questo cattolicesimo “altro” ha offerto una batteria di riferimenti simbolici e qualche slogan al disegno politico di Salvini (il rosario lo aveva già) e da Salvini questo cattolicesimo “altro” si è fatto scegliere come partner affidabile. Sotto questo profilo, le vittorie del centro-destra nelle due principali città umbre, quella di Romizi a Perugia e quella di Latini a Terni, non sono neppure lontane parenti. (E resterebbero tali anche se domani Romizi si accodasse a Salvini).

Cosa possiamo imparare da questa vicenda? Non certo che non basta aver ragione per vincere: è cosa nota. Pensare di aver diritto di vincere solo perché “si ha ragione” o è ingenuità o è orgoglio. Le buone idee sono la migliore premessa per buoni risultati, è vero, ma i buoni risultati vengono in futuro, e il futuro bisogna avere la forza e la voglia di aspettarlo. Oggi invece, e non solo a Terni, gli elettori non ne possono più di pazientare, non possono fare a meno di dare la precedenza all’espressione della rabbia e del disgusto verso il passato. (E il passato politico e amministrativo ternano degli ultimi decenni non è certo avaro di motivi per provare rabbia e disgusto). Qualcos’altro però si può imparare dalle amministrative ternane.

E lo si può imparare proprio osservando il campo dei cattolici “che avevano - e hanno - ragione” e che non hanno vinto. Nel suo insieme, questa parte di cattolici ha (sia chiaro, “abbiamo”) compiuto tanti errori. È vero che senza il vento “populista” nazionale e internazionale la Lega a Terni sarebbe più vicina al 3% che al 30%, ma questo non cancella gli errori, anzi li rende più gravi. È vero che gli innovatori socio-economici e le forze liberali e riformiste sono rimaste al coperto, ma anche questo non può valere come un alibi. Insomma, la lista degli errori dei cattolici “che avevano - e hanno - ragione” è lunga. Cominciamo da quelli più grandi.

1. Per troppo tempo si è accettata una sudditanza alla sinistra “reale”. Sembra incredibile, se si tiene conto di quello che questa ha combinato a Terni.

Eppure è stato così, e si è dato appoggio a un sistema di potere che andava invece combattuto e battuto.

2. Più di recente, troppo a lungo si è indugiato sperando in Renzi.

All’inizio era razionale attendersi che la sua opera di rottamazione completasse il suo riformismo, e nell’“Umbria rossa” prima che altrove. Troppo tardi ci si è accorti che la luce del suo riformismo si era spenta, e che la rottamazione in Umbria non era neppure cominciata. In Umbria e a Terni, Renzi ha coperto quelli che doveva combattere. I risultati, elettorali e non, sono sotto gli occhi di tutti.

3. Per troppo tempo si è ignorato che in politica le idee contano il 30% e l’organizzazione il 70%, e che è ingenuo pensare che chi mette l’organizzazione ceda il volante a chi porta le idee (soprattutto se si tratta di idee “riformiste”). In politica le idee danno senso e valore all’organizzazione, ma non la sostituiscono.

4. Nel 2008, dopo il successo “quasi egemonico” del convegno sulla città, era chiaro a tutti che il cattolicesimo e la Chiesa ternana dovevano fare su se stessi un’analisi lucida come quella che avevano condotto sulla città, e che dovevano dar luogo a una riforma dei propri comportamenti e dei propri modi di operare non meno severa e profonda di quella che chiedevano alla città. Alla città potevano suggerirla, nella speranza che anche altri la condividessero; su se stessi, potevano operarla senza chiedere alcun permesso. Gli obiettivi e i percorsi furono effettivamente formulati. Il laicato e non pochi preti ne erano fermamente convinti. Il vescovo di allora e parte del clero esitarono o resistettero. Le conseguenze sono tristemente note.

Sicché oggi si deve provare a recuperare quando le forze, umanamente parlando, sono minori, mentre per il cattolicesimo “altro” tutti questi problemi semplicemente non esistono.

Completare questa lista non solo è utile, è urgente.

La fatica che richiede potrebbe dare i suoi frutti quando il bluff della destra populista e sovranista evaporerà (sempre che Terni sia ancora curabile), quando si tratterà di scegliere tra (uno di) Marini e (uno di) Salvini per la guida dell’Amministrazione regionale, quando si vorrà por mano a un’opposizione al Governo “legastellato” non finalizzata a riportare in sella quelli che Grillo e Salvini hanno cacciato. In breve: quando si vorrà tentare di andare avanti, ma in una direzione diversa.

Luca Diotallevi

È necessario ammettere che il crescente ruolo socio-culturale di una parte del cattolicesimo ternano (vedi il convegno del 2008) è stato politicamente sterile.

Mentre ha trionfato un cattolicesimo senza Concilio, senza riunioni, senza programmi, un cattolicesimo tutto umori e nostalgie

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