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“La massima audacia è prendersi responsabilità”

La Comunità di Sant’Egidio aiuta a ripensare il rapporto tra preghiera cristiana e laicità dell’azione, che significa “riconoscere il valore della medicina, puntare alla valorizzazione del sapere scientifico, coltivare una visione realistica delle cose, senza alienarsi in pratiche superstiziose e perciò fatalmente inefficaci”.

Parole di Andrea Riccardi , storico della Chiesa e fondatore della Sant’Egidio, a margine della presentazione del suo libro Tutto può cambiare avvenuta venerdì scorso all’Università per Stranieri di Perugia; evento promosso dallo stesso ateneo insieme all’Associazione Beata Colomba e alla diocesi. (L’intervista completa è online sul sito Umbriaoggi.news ).

Riccardi ha rimarcato, a proposito del nesso tra cristianesimo e cultura: “Il mondo globale è invaso da irrazionalità ed emotività. Su esse si basano il fondamentalismo islamico o alcune esperienze pentecostali. Il cristianesimo invece è amico non solo dell’uomo con le sue ferite, ma anche della ragione, del pensiero, della cultura e del dibattito. Una Chiesa senza cultura è condannata al regionalismo.”

“Il mondo di oggi - ha aggiunto ha bisogno di visioni e di speranza. Per questo la Comunità ha tentato di avanzare pensieri lunghi, di camminare sulle strade della gente. Siamo cambiati, ma non rinneghiamo il ’68, e soprattutto non rinneghiamo l’eredità preziosa che è l’audacia; quell’audacia che negli anni, vagliata dal Vangelo, è diventata audacia di prendersi delle responsabilità. Come diceva Olivier Clément, le vere rivoluzioni sono quelle che passano attraverso il cuore e la cultura dell’uomo”.

All’evento, moderato dal giornalista Rai Rosario Carello, sono innei tervenuti, oltre all’autore del libro, il rettore dell’Università per Stranieri Giovanni Paciullo, il card. Gualtiero Bassetti e l’attuale presidente della Comunità di Sant’Egidio, Giovanni Impagliazzo.

Il libro, un’intervista di Riccardi con il teologo Massimo Naro, scaturisce dall’occasione del 50° anniversario della Comunità di Sant’Egidio, ma non è un’opera celebrativa né della vita di Riccardi né dell’operato della Comunità. “Ho scelto - dice - di non cadere nel ‘mito delle origini’. La mitizzazione veicola l’idea che la storia sia finita, che possa solo ripetersi”. È invece un racconto su come Sant’Egidio ha vissuto il mondo in questi 50 anni, a partire dal Concilio, e su che cosa essa rappresenta per la società e per la Chiesa del presente e del futuro.

Una modalità di presenza caratterizzata da alcune costanti, da alcuni “pensieri lunghi”, emersi chiaramente durante la presentazione. I primi tre - comunità, poveri e pace - sono stati messi in rilievo dal card. Bassetti : “La Comunità è una scelta di campo. Per questo motivo, il lavoro per i poveri diventa, nel vissuto dei membri della Comunità, un lavoro con i poveri. Essi, cioè, non sono qualcosa di distinto e di distante dalla vita della Comunità, che in modo paternalistico se ne prende cura tempi prestabiliti, ma ne sono parte integrante.

Il rapporto tra la Comunità di Sant’Egidio e i poveri è noto in tutto il mondo, forse è l’opera più conosciuta. E sembra quasi un paradosso: aiutare gli invisibili l’ha resa visibile al mondo e ancor più agli occhi di Dio. L’impegno per la pace, infine, ci riguarda profondamente come cristiani e non possiamo far finta di niente. Il cristiano è un uomo di pace‚ non un uomo in pace: fare la pace è la sua vocazione”.

A questo riguardo, non poteva non essere ricordato l’impegno concreto di Sant’Egidio nell’ambito dei negoziati per la pace in Mozambico attraverso un’opera di mediazione che, come ha sottolineato il prof. Impagliazzo , è rimasta famosa all’Onu come ‘formula italiana’.

“Tutto può cambiare - chiosa ancora Riccardi - , anche se oggi viviamo in un tempo pieno di preoccupazioni per il futuro. Cinquant’anni fa la Comunità di Sant’Egidio nasceva nella società della rivolta, quando i giovani volevano cambiare il mondo e si sentivano grandi. Oggi i giovani si sentono schiacciati dalla società, vivono nel tempo della paura e della rabbia, come sembra emergere anche dagli avvenimenti recenti. La vera risposta alla paura però non è il coraggio: è la fede che dà speranza nel futuro, e la Chiesa può e deve raccogliere questa grande sfida, che Papa Francesco incarna”.

Federico Casini

Da sinistra Impagliazzo, il card. Bassetti, il rettore Paciullo, Riccardi e il giornalista Carello

“Il cristianesimo - dice - è amico non solo dell’uomo con le sue ferite, ma anche della ragione, del pensiero, della cultura e del dibattito”

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