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Come va l’economia umbra?

Nello stesso giorno Banca d’Italia e Cgil, incontrando separatamente i giornalisti, hanno illustrato un loro rapporto e le loro valutazioni sulla situazione e prospettive della economia in Umbria. Con conclusioni sostanzialemente analoghe: le nostre aziende, faticosamente, hanno superato la crisi del 2008, ricreando lavoro, anche se ci sono ancora più di 35.000 disoccupati. Con una crescita, in termini di produttività ed occupazione, percentualmente inferiore alla media italiana ed a quelle delle altre regioni del Centro e che ci vede ancora un po’ più poveri di dieci anni fa e con l’indebitamento delle famiglie che aumenta.

I numeri comunque dicono che il peggio è passato, ma per il futuro le incertezze sono tante e stanno già frenando la crescita economica. Gli imprenditori sono diventati più prudenti, si guardano intorno ed intanto hanno smesso di investire.

“Oggi - ha detto il direttore della filiale perugina della Banca d’Italia, Nicola Barbera - il panorama è soleggiato ma all’orizzonte si intravedono nubi scure. I fattori di incertezza interni ed internazionali (tensioni commerciali, la guerra dei dazi, lo spread che sale) hanno consigliato di aprire gli ombrelli e così sono calati il credito alle imprese ed i loro investimenti”. “L’economia umbra mostra alcuni segnali positivi, ma la montagna da scalare è ancora molto alta se si considera che in 10 anni si sono persi oltre 16 punti di Pil e la disoccupazione è quasi raddoppiata” ha detto Vincenzo Sgalla, segretario generale della Cgil dell’Um- bria, introducendo la presentazione del nuovo rapporto Ires Cgil. Un rapporto sulla economia umbra che “evidenzia - ha detto - elementi interessanti nel secondo trimestre 2018 anche se però l’Umbria resta sempre un passo indietro rispetto alle altre regioni del Centro”.

Nella prima metà del 2018 - si legge nel rapporto congiunturale della Banca d’Italia - “l’attività economica ha continuato a crescere a ritmi moderati”. Più ordini e più fatturato anche per le aziende con meno di 10 dipendenti che in Umbria sono la grande maggioranza. Bene le esportazioni, trainate da abbigliamento (in crescita soprattutto in Russia) e macchinari. Nel complesso l’80 per cento delle imprese umbre contano di chiudere l’anno con bilanci in attivo. Continua la crisi dell’edilizia e nel commercio sono in difficoltà i piccoli negozi mentre resiste la grande distribuzione. Va bene il turismo dopo la crisi provocata dalle notizie sul terremoto e sono sempre di più i turisti italiani e stranieri che scelgono le strutture extralberghiere.

Come l’anno scorso l’occupazione è rimasta stabile, mentre in Italia si è registrato una lieve aumento del 1,2 per cento. I lavoratori autonomi sono tornati a crescere compensando una lieve riduzione dei lavoratori dipendenti. Tra questi ultimi hanno ripreso a crescere le assunzioni a tempo indeterminato mentre il tasso di disoccupazione si è ridotto (meno del 10 per cento) anche perchè è diminuito il numero di persone che stanno cercando un lavoro. Dati condivisi dal sindacato, ma Mario Bravi, presidente dell’Ires Cgil Umbria, ha sottolineato che ”il nuovo lavoro che si crea è in larga maggioranza precario e povero (solo 2 nuovi rapporti su 10 sono a tempo indeterminato)”. In Umbria i salari sono più bassi del 13 per cento della media italiana e l’indice di povertà relativa è salito oltre il 12%. “Allora - ha detto è evidente che le disuguaglianze e le sacche di povertà sono destinate ad aumentare. Solo la creazione di buon lavoro può permetterci di invertire il trend”.

Enzo Ferrini

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