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Proposte da fare con novità e coraggio

“Non dobbiamo trovare le soluzioni a tutti i problemi. Ci aspettiamo consolazione e conforto per prendere maggiore coscienza che il tesoro, ossia il Vangelo, che noi portiamo nella società può contribuire a rendere l’esistenza più buona e bella”. Lo ha detto mons. Renato Boccardo , arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra, presentando alla stampa il 22 febbraio l’Assemblea ecclesiale regionale che si terrà il 18 e 19 ottobre prossimi, ma non si esaurirà in quei due giorni.

Il percorso di preparazione inizia da oggi e, ha sottolineato Boccardo, “questo momento sinodale non è un punto di arrivo, ma solo una tappa significativa del cammino della Chiesa in Umbria, a servizio delle donne e degli uomini delle nostre città, delle nostre valli, delle nostre contrade”.

Dovrà essere un’Assemblea capace di analisi e di proposta anche coraggiosa, ha più volte sottolineato il Presidente della Ceu, ribadendo che l’evento “si rivolge non solo ai credenti, ma si colloca all’interno della vita della Regione”, alla quale “siamo chiamati a dare il nostro contributo per la crescita del bene comune”. Con lui abbiamo approfondito alcuni punti Lei ha chiesto novità e coraggio nelle proposte. Fino ha che punto i Vescovi saranno disposti ad accogliere proposte innovative?

“Credo che il fatto che i Vescovi abbiano voluto questa Assemblea e questo percorso di riflessione e di ricerca indichi la disponibilità ad accogliere ciò che verrà. È chiaro che il frutto dell’Assemblea verrà affidato al discernimento pastorale dei Vescovi, però l’esortazione pungolante di Papa Francesco: ‘Preferisco una Chiesa un po’ accidentata perché ha sperimentato cammini nuovi, piuttosto che una Chiesa ammuffita - mi pare che ha detto una volta - perché si ferma a custodire ciò che le dà sicurezza perché così si è sempre fatto’... credo che non potrà non trovare un’eco anche nella attenzione nella sensibilità e poi nelle scelte dei nostri Pastori”.

Sarà un incentivo a partecipare, sapere che ci sarà questa attenzione da parte dei Vescovi.

“Vorrei che questo convegno non fosse una cosa ‘per addetti ai lavori’, in cui troviamo solo quelli che già a diversi livelli livelli condividono la vita della Chiesa. Per questo, anche nella scelta dei delegati diocesani abbiamo raccomandato la presenza di persone - come dire - creative; che sono quelli che già partecipano, ma possono essere anche altri che hanno forse un atteggiamento, se non critico, perlomeno con qualche riserva, proprio perché questa differenza diventa una ricchezza”.

Questa è una iniziativa regionale, ma si ha l’impressione che oggi nella Chiesa non sia molto sentita la responsabilità verso “il tutto”. Ci sono persone molto impegnate nella loro realtà ma che poi sentono poco la responsabilità nei confronti della Chiesa diocesana, e ancor meno verso la Chiesa regionale. E per contro ci sono persone che avvertono la necessità di uscire dalla realtà diocesana perché la sentono troppo piccola… “Mi pare che sia il rischio della autoreferenzialità, da cui anche il Papa ci ha messo in guardia tante volte. Facciamo tante cose nel nostro ambito, le facciamo bene, e da una parte questo ci accontenta e forse ci soddisfa; o forse c’è anche una paura di affrontare situazioni nuove, cedendo alla tentazione della stabilità, cioè fare quello che già sappiamo che funziona. Ma questo significa chiudersi su se stessi e morire di asfissia. Ci sono certamente altre persone che sentono il bisogno di allargare gli orizzonti e anche di percorrere strade nuove, rischiose forse. Credo che dobbiamo comporre le due cose, perché qui non è questione di assicurarsi la salvezza per se stessi, ma o ci salviamo tutti insieme o andiamo a fondo tutti insieme. La sfida è di comporre insieme la necessità della stabilità - perché non possiamo essere banderuole che cambiano secondo il vento - con la precarietà. Credo che questa Assemblea potrebbe aiutarci in questo, perché siamo in una situazione nella quale purtroppo sembra che la freschezza e la bellezza del Vangelo non incida sulla vita e sul modo di pensare delle persone”.

Che fare?

“Abbiamo ancora espressioni esteriori della fede e della religiosità, ma probabilmente non abbiamo più i contenuti, e allora dobbiamo avere il coraggio di mettere in atto quelle azioni che ci permettono di potenziare i contenuti. Questo richiede coraggio, perché vuol dire che dobbiamo lasciare da parte quelle cose che non incidono sul modo di pensare. Non siamo più capaci di pensare secondo il Vangelo: questo è il grave problema, la grave crisi del nostro tempo. Allora dobbiamo domandarci come aiutare la nostra gente a conoscere il Vangelo e a pensare secondo il Vangelo; pensiamo che questo sia un valore per gli uomini e per le donne del nostro tempo, credenti e non credenti”.

Questo dialogo della Chiesa con tutta la realtà regionale, concretamente, come lo immaginate?

“Vorremmo che in questo percorso a livello diocesano le questioni venissero dibattute con persone gruppi o associazioni che non sono necessariamente i ‘nostri’, per un ascolto reciproco. Quindi dipende dalla fantasia e dall’impegno di ogni diocesi. Quando parliamo di fede e vita, di giovani, di famiglia, non possiamo pensare soltanto a quelli che partecipano alla vita della comunità parrocchiale: dobbiamo chiedere cosa dice il messaggio cristiano a te che sei nel mondo dell’industria, a te che sei nel mondo della scuola, e così via. Dunque il lavoro delle diocesi è quello della raccolta, che, appunto, non deve essere soltanto ad intra . Poi nella sessione finale dell’evento, a ottobre, è previsto anche un momento di ascolto di persone che vivono in Umbria o che sono umbri, e che possano in qualche modo rappresentare un mondo che non è necessariamente il mondo cattolico”.

Maria Rita Valli

Mons. Boccardo alla presentazione dell’assemblea

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