Bookmark and Share

Puntare sul “genio del luogo”!

Che l’Umbria sia una regione in grande difficoltà per la ripresa economica e di lavoro, lo hanno ben spiegato le analisi economiche condotte da diversi istituti di ricerca, non ultimo la Banca d’Italia, e ne abbiamo dato conto anche in queste pagine. Ma la domanda che le famiglie si fanno, per i loro adulti messi fuori dal mercato del lavoro o per i loro giovani che in quel mercato faticano ad entrare (tanto che c’è chi sceglie di emigrare), è se e come si possa uscire dalla crisi. Ne parliamo con l’economista Pierluigi Grasselli, direttore dell’Osservatorio delle povertà della Caritas di Perugia.

L’Umbria ce la farà a cambiare marcia? “La crisi ha segnato profondamente il tessuto dell’economia e della società umbra, con una perdita netta di attività produttive. Avviare decisamente un’inversione di tendenza non dipende solo dal livello regionale, e comunque è molto impegnativo, richiedendo una diffusa e determinata volontà e capacità di cambiamento, di adattamento all’impetuosa, rapida, ininterrotta e pervasiva innovazione tecnologica. Ciò esige di impiegare buona parte delle risorse disponibili in questa direzione, per ricomporre un ordine diverso, anche profondamente, da quello precedente, seguendo una molteplicità di vie, in parte nuove, o poco battute in precedenza, che spesso non consentono di ricostituire le vecchie certezze”.

Vede segnali di cambiamento, di ripartenza, nella realtà produttiva regionale? “Sono molteplici anche in Umbria le manifestazioni di un mondo in vivace trasformazione. Si pensi al brulichìo di iniziative di ‘Fa’ la cosa giusta’, la fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili tenutasi in ottobre a Bastia. Alla nascita presso Confindustria Umbria del primo Digital Innovation Hub per accompagnare i processi di ammodernamento industriale previsti dal piano nazionale Industria 4.0. Alla tensione espressa dagli artigiani umbri verso un artigianato 4.0, che consenta anche alle imprese artigiane di stare al passo con l’evoluzione tecnologica, e verso l’istituzione di un’‘accademia della manualità’ aperta anche a chi frequenta le scuole superiori o l’università. Ai ‘germogli di eccellenza’ di Confindustria Umbria, aziende giovani, ma già in possesso di tutte le potenzialità che possono farle diventare grandi”. Quali carte hanno in mano, o dovrebbero avere, le istituzioni locali? “Se consideriamo la realtà composita del manifatturiero umbro, risulta chiaramente la necessità di politiche differenziate per ciascuno dei ‘mondi’ che lo compongono, secondo lo stadio di sviluppo a cui si trova. È abbastanza diffusa l’opinione che si debba porre maggiore attenzione al territorio, spesso trascurato nel tumultuoso procedere della globalizzazione, nonostante su esso si scarichino in definitiva come sottolinea Ulderico Sbarra, segretario regionale Cisl - tutte le tensioni di natura economica e sociale. L’attenzione deve essere rivolta alle specificità che lo caratterizzano, al genius loci che lo distingue, nella prospettiva di promuovere o valorizzare talenti e iniziative che lo riguardino”. Ha citato il sindacato. I cambiamenti riguardano anche le organizzazioni dei lavoratori… “S’impone una svolta profonda nei rapporti tra imprese e sindacati, nella direzione di una maggior partecipazione dei secondi, quanto meno di tipo organizzativo, alla gestione delle prime, e di un’applicazione più diffusa di una contrattazione di livello aziendale o territoriale. In generale, il funzionamento del mercato del lavoro deve essere oggetto di un cambiamento marcato”. Su questo aspetto la Regione ha competenze da mettere in campo?

“Occorre applicare la proposta di legge della Giunta sul Sistema integrato per il mercato del lavoro, formulata con la partecipazione delle parti sociali, e in particolare dell’istituzione dell’Agenzia regionale per le politiche attive del lavoro, che promuova tra l’altro livelli più elevati di formazione. Si pensi alla possibile attuazione di un’efficace ‘strategia per le competenze’, del tipo raccomandato dall’Ocse, volta, tra l’altro, a fornire ai giovani le competenze loro necessarie, ad accrescere negli adulti un livello inadeguato delle stesse, a utilizzare meglio le competenze sul posto di lavoro. In questa direzione va potenziata e qualificata l’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro, va promosso l’apprendistato e l’offerta degli istituti tecnici superiori”. Lei si occupa di welfare, di sociale. È un aspetto che incide anche sullo sviluppo economico?

“I nuovi orientamenti in corso nel welfare, come il nuovo Piano sociale regionale, possono operare per prevenire le disuguaglianze, e favorire l’inclusione sociale e lavorativa. Il riferimento è al welfare generativo e comunitario, così come al welfare aziendale, oggetto di crescente interesse anche da parte delle imprese umbre. Anche qui tanto cammino va compiuto, e molti nodi (come la previdenza) sono di livello nazionale”.

Cosa si può fare a livello locale?

“Un ruolo rilevante può essere esercitato da organizzazioni cooperative e da imprese sociali, che sono cresciute in Umbria per numero e occupati anche nei periodi di crisi più intensa. Ogni linea di intervento trarrà vantaggio da un rafforzamento della cooperazione tra gli attori principali (quali enti pubblici, università, imprese, istituzioni finanziarie) e delle reti tra essi costituite, sia interne che esterne ai territori, oltreché dalla modernizzazione e infrastrutturazione dei centri urbani (nelle direzioni del programma regionale di Agenda urbana). È opportuno inoltre che si diffondano ulteriormente i patti stipulati tra pubbliche amministrazioni e cittadini (come quelli promossi dai movimenti di cittadinanza attiva), relativi alla gestione di beni comuni e all’erogazione di servizi di interesse generale. E si prospetta in corrispondenza un’ampia gamma di opportunità di lavoro quali quelle promosse dal progetto Policoro, e rappresentate dalle 400 buone pratiche raccolte a livello nazionale e presentate alla recente Settimana sociale di Cagliari, dalle cooperative culturali, ai worker buyout , alle iniziative di rigenerazione urbana…”.

In sintesi, come vede il futuro della nostra regione? “Come è stato osservato, sviluppo, inclusione e coesione sociale devono ritenersi dimensioni tra loro strettamente connesse, che concorrono a tenere insieme economia e società. Si propone qui l’attuale impegno accentuato, di pubblico e società civile (si pensi al ruolo dell’Alleanza contro la povertà, e in particolare della Caritas), per sostegno al reddito, formazione e empowerment , per l’inclusione lavorativa e sociale della numerosa popolazione umbra in grave difficoltà. Ci sono dunque nodi e criticità che affliggono gravemente l’Umbria, ma che chiedono il concorso di livelli molto più ampi. Ciò nonostante, il fermento e il dinamismo che attraversano il territorio umbro, con una molteplicità di iniziative di varia natura sopra accennate, possono spingere nelle direzioni positive indicate. Si tratta di un fermento, di un dinamismo e di un’apertura che si avvertono appieno anche nelle diocesi umbre (come nella recente Assemblea di Perugia-Città della Pieve), per un cammino rinnovato di fede e di evangelizzazione, segnato da una disponibilità crescente ad accogliere, incontrare e aiutare l’altro, in una comunità più aperta e solidale”.

Maria Rita Valli

“Un ruolo rilevante può essere esercitato da organizzazioni cooperative e imprese sociali, che sono cresciute in Umbria per numero e occupati”

Bookmark and Share