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“Non mandate soldati ma insegnanti”

Don De Robertis della Fondazione Migrantes: “L’industria che sta andando meglio è quella del commercio di armi. Finché non metteremo mano a queste grandi ferite, non possiamo aspettarci che le migrazioni diminuiscano”

Domenica 14 gennaio ricorre la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2018. Papa Francesco celebrerà a San Pietro la messa (ore 10, in diretta su Rai Uno) insieme alle comunità etniche. Al centro del Messaggio del Papa quest’anno sono i quattro verbi “accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti e i rifugiati”. Abbiamo rivolto alcune domande a don Gianni De Robertis , direttore generale della Fondazione Migrantes della Cei.

Quali aspettative dalla Giornata di quest’anno?

“È un evento un po’ fuori dall’ordinario, ed è una bella coincidenza. Ci aspettiamo una crescita di tutte le comunità cristiane, nella consapevolezza che tutti i popoli sono chiamati alla salvezza. Le nostre comunità sono chiamate a essere ‘cattoliche’ [universali, ndr ] di nome e di fatto. In Italia abbiamo 5 milioni di immigrati, di cui un milione di cattolici, che devono sentirsi accolti, specie in un momento della vita del Paese in cui si fanno sentire voci discordi”.

Quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere, integrare. Quali di essi è prioritario in Italia?

“Non bisogna fermarsi al primo gradino, perché i quattro suggerimenti del Papa sono collegati. È necessario metterli in campo tutti. Si sa che la cattiva accoglienza alimenta il rifiuto nei confronti degli stranieri: spesso sono parcheggiati nei Centri di accoglienza, non sanno l’italiano e non sono aiutati a coltivare risorse e doni. Invece bisogna portare avanti questi quattro passi insieme, attraverso un’accoglienza diffusa, per fare in modo che gli arrivi non siano un problema ma una grande opportunità di crescita e scoperta di altri valori”.

Non è stata approvata la legge sullo ius soli ...

“Purtroppo è come se impallidissero i volti e le persone concrete, che dovrebbero essere invece il fine di ogni legge. Invece prevalgono altre logiche, nonostante sia evidente a tutti che stiamo parlando di 800.000 bambini e ragazzi che sono nati e vivono in Italia. Anche se in questa legislatura non si è riusciti ad approvare la legge, questo cammino non può che continuare: perché le differenze arricchiscono e contribuiscono alla crescita del Paese”.

Gli arrivi non si fermano, nonostante gli accordi Italia-Libia.

“Gli arrivi sono il sintomo del grande dramma delle disuguaglianze che si acuiscono sempre di più tra Nord e Sud del mondo, e all’interno di ogni Paese. Poi c’è il dramma dei conflitti, che invece di diminuire si sono moltiplicati. Purtroppo l’industria che sta andando meglio è quella del commercio di armi. Finché non metteremo mano a queste grandi ferite, non possiamo aspettarci che le migrazioni tornino a numeri più contenuti. Bisogna che l’Italia, l’Europa e l’Onu abbiano un ruolo effettivo, reale, nel governare questi processi: un compito della Politica in senso alto”.

Nel frattempo l’Italia ha deciso di inviare una missione militare in Niger allo scopo di combattere il traffico di migranti diretto in Libia e addestrare l’esercito nigerino. Che ne pensa?

“Quando è arrivata la notizia, ero vicino a un giovane del Niger, accolto da una nostra comunità a Bari: gli hanno ucciso entrambi i genitori nella zona in cui è attivo il movimento Boko haram , al confine con la Nigeria. Non era scolarizzato, ma è molto intelligente; ora sta facendo l’istituto alberghiero, però il suo sogno è diventare medico. Mi ha suggerito una risposta incredibile: ‘In Niger non abbiamo bisogno di 500 soldati, ma di 500 insegnanti’. Anche perché di militari (americani, tedeschi, francesi) ce ne sono già molti. E si sa che, dove manca l’istruzione, i movimenti terroristi proliferano. Inoltre non dovremmo appoggiare figure corrotte che dominano molti Paesi africani”.

Patrizia Caiffa

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