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Al traino della Lega

Il cane che morde l’uomo non fa notizia. Come il Pd che perde il Comune a Terni, diventata città a maggioranza leghista. La ‘ruspa’ salviniana si è fermata a mezzo metro dal traguardo dell’elezione al primo turno del proprio candidato sindaco: ‘proprio’ nel senso che lo ha imposto Salvini al resto di una coalizione mugugnante quanto politicamente non decisiva. Ora sarà ballottaggio ‘fratricida’ (vista la maggioranza nazionale di Governo) con il candidato pentastellato: una situazione, quella ternana, dal forte valore politologico.

Perché hai voglia a ribadire che il voto locale segue logiche del tutto diverse da quello nazionale: per Terni, l’esito delle urne del primo turno comunale sembra una fotocopia quasi perfetta di quanto successo il 4 marzo scorso per le politiche. Con una Lega trionfante e trainante dentro il centrodestra, i cinquestelle che consolidano le proprie percentuali e un Pd ormai terza forza, ben sotto il 20 per cento. E se gli elettori, bocciando il Pd di Renzi e Gentiloni alle politiche, hanno dimostrato di non gradire il modo in cui il centrosinistra aveva governato il Paese, i ternani hanno di pari passo espresso un giudizio pesantemente negativo sulla Giunta di centrosinistra che ha amministrato la città negli ultimi anni. Segnati, questi anni, da inchieste giudiziarie che hanno coinvolto sindaco e assessori (e il cui esito si saprà tra qualche anno), ma soprattutto da lotte e faide interne a un Pd dove, a giudicare dal risultato delle amministrative, non pare azzardato paventare che più di un dirigente abbia remato contro il proprio stesso partito, pur di prendersi qualche rivincita personale su altri colleghi.

Sul perché a Terni abbia stravinto la Lega, le analisi si stanno sprecando. Di certo, il successo leghista non è arrivato parlando di flat tax , perché il tessuto economico di questo territorio non ha la sua base specifica sulla piccola e media impresa, ma principalmente su una sola, grande impresa (l’Ast). Molto, invece, parlando di sicurezza urbana, in una realtà dove ogni giorno la cronaca propone episodi di microcriminalità, ma dove l’opinione pubblica ha dovuto registrare anche fatti gravi e gravissimi, come gli omicidi di un giovane del posto a opera di un nordafricano e di un anziano in casa durante una rapina compiuta da persone dell’Est Europa. Avranno inciso anche le frequenti visite di Matteo Salvini nella seconda provincia dell’Umbria, e le sue felpe con la scritta Terni bene in evidenza. Ma più di tutto ha contato il modo in cui la Lega a Terni ha propagandato le proprie idee: andando nelle piazze, girando per i mercati, ascoltando le persone.

Lavorando - come amano ripetere i leghisti di ogni latitudine - sul territorio. Quel territorio che il Pd (salvo rare eccezioni, in Umbria e in Italia) sembra avere perso di vista, senza individuare però altri canali di comunicazione con i cittadini-elettori. Quello stesso territorio che i cinquestelle stentano ancora a privilegiare, rispetto alle possibilità che offre la Rete di veicolare messaggi più a carattere ideologicovaloriale che a valenza pratica di soluzione diretta dei problemi. Aspettando ora il secondo turno a Terni, così come a Spoleto (città in cerca di una classe dirigente che ne stabilizzi l’identità socioeconomica) e a Umbertide (ex roccaforte ‘rossa’ con un Partito democratico forse più lacerato che a Terni), il cittadinoelettore che si volesse divertire a immaginare scenari futuri si potrebbe già domandare, per esempio, cosa succederà l’anno prossimo alle elezioni europee e, soprattutto, per il Comune di Perugia. Ma la realtà, nel 2019, potrebbe superare l’immaginazione.

Daris Giancarlini

Il partito di Salvini ha saputo andare nelle piazze, girare per i mercati, ascoltare le persone, lavorare sul territorio

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