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A sostegno di tutti i poveri, non solo dei disoccupati

Come disegnare il Reddito di cittadinanza (Rdc) per renderlo veramente efficace nel contrasto alla povertà? A questo interrogativo, che occupa una posizione centrale nel rovente dibattito in corso, l’Alleanza contro la povertà (che raccoglie, come noto, 38 organizzazioni tra realtà associative e rappresentanze dei Comuni, delle Regioni e dei sindacati) cerca di rispondere in una lettera inviata al Governo in carica il 4 dicembre scorso.

Il rischio che si corre, osserva l’Alleanza, è che con il Rdc trovi attuazione una “concezione monodimensionale della povertà, che la lega esclusivamente alla mancanza di occupazione, a scapito di quella multidimensionale” che investe una molteplicità di aspetti (abitativo, educativo, relazionale, sanitario,…), come messo in evidenza dai rapporti dei Centri di ascolto Caritas. Del resto, come mostrano le esperienze compiute nei Paesi europei, le politiche contro la povertà riescono a garantire un lavoro stabile a non più del 25 per cento dei beneficiari: anche chi è caduto in povertà per problemi lavorativi può non rientrare facilmente nel mercato del lavoro, sia per criticità oggettive di questo che per specifiche difficoltà personali.

Alla quota restante le politiche suddette possono consentire di affrontare le più diverse criticità, o di attuare le condizioni per una vita migliore, o quanto meno di sperimentare un’esistenza decente. Introdurre una misura efficace contro la povertà assoluta permette di offrire una prospettiva di sicurezza sociale alle classi medie, oggi in buona parte a rischio di impoverimento: la crisi degli anni recenti, e ancora in corso, ha accentuato anche in Italia le modificazioni dei caratteri della povertà, estendendola a gruppi sociali che in precedenza non ne erano colpiti (residenti al Nord, in famiglie con occupati, o anche solo con uno o due figli), interessando in modo trasversale la complessiva società italiana.

La proposta dell’Alleanza per la costruzione del Rdc è quella di basarla sul mantenimento del Reddito di inclusione (Rei) varato dal precedente Governo, migliorandone l’impianto ed estendendolo per venire in aiuto a tutti quelli che soffrono una condizione di povertà assoluta, arrivando così a beneficiare gli oltre 5 milioni di poveri, rispetto ai 2,5 attuali. Occorre inoltre accrescere i contributi economici fino a un importo medio mensile di circa 400 euro, in modo da portare il reddito disponibile delle famiglie al livello della soglia di povertà. Ma si devono sostenere pure i Servizi sociali comunali per l’attuazione dei progetti personalizzati di inclusione sociale e lavorativa, grazie anche a un’efficace cooperazione con i molteplici attori del welfare locale (Comuni, Centri per l’impiego.

associazioni, terzo settore, Aziende sanitarie locali, edilizia pubblica, scuola…). Come altre Regioni, quella dell’Umbria sta appunto attuando il Piano regionale contro la povertà ; in particolare, cofinanzia e coordina il potenziamento dei Servizi sociali professionali delle Zone sociali, mentre queste procedono a completare la messa a punto dei Piani di zona contro la povertà.

Vanno altresì rafforzati i Centri per l’impiego, perché possano esercitare al meglio le importanti funzioni ad essi assegnate.

Bisogna dunque puntare su un’integrazione tra Rei e Rdc, cercando di venire incontro alla povertà assoluta, ma anche di sostenere con efficacia chi è alla ricerca di un lavoro, grazie ad appropriate politiche attive.

Questo approccio sembra richiesto da un impegno determinato e prioritario nel sostegno a tutti i poveri, non solo ai “disoccupati poveri”, e nella diffusa attuazione di percorsi per un effettivo inserimento sociale e lavorativo, opportunamente sostenuto e accompagnato. Per una società più giusta, più solidale e più efficiente, nel rispetto delle persone e dell’ambiente.

Pierluigi Grasselli

Lettera scritta al Governo dall’Alleanza contro la povertà (38 aderenti tra associazioni e rappresentanze dei Comuni, delle Regioni e dei sindacati)

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