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Contro la povertà, le Regioni ancora collaborano poco con la Caritas

Dal settembre 2016 è all’opera il “Sostegno alla inclusione attiva” (Sia), a favore delle famiglie in condizioni di povertà assoluta. A partire dal gennaio 2018 entrerà in azione, al posto del Sia, il “Reddito di inclusione”. Entrambe le misure prevedono un sostegno economico accompagnato da un progetto di inclusione personalizzato, con una serie di impegni per il nucleo familiare che vi aderisce.

Lo studio della Caritas

Dal settembre 2016 Caritas italiana ha avviato un percorso autonomo di valutazione del Sia, con particolare attenzione alle prime fasi di attuazione del nuovo strumento di welfare, in cinque regioni (Liguria, Toscana, Abruzzo, Molise, Sicilia), ascoltando assistenti sociali, operatori dei Centri di ascolto delle Caritas diocesane e beneficiari (vedi W. Nanni, Sia, società civile e responsabilità istituzionali , in Caritas italiana, Rapporto 2017 sulle politiche contro la povertà in Italia , www.caritas.it ).

Gli assistenti sociali territoriali esprimono insoddisfazione e segnalano criticità a proposito dello stato di attuazione del Sia, lamentando, tra l’altro, l’insufficiente attenzione alla dimensione progettuale e di inserimento sociale, l’assenza di interlocutori affidabili ai vari livelli istituzionali, la difficoltà di aggiornare il cittadino sull’esito della domanda di accesso, di costituire vere e proprie équipe multidisciplinari (per eterogeneità dell’utenza, dispersione delle competenze, mancanza di risorse), di garantire la collaborazione del beneficiario: ricerca attiva di lavoro, iscrizione a servizi per l’impiego, attività di aggiornamento o formazione, frequenza scolastica dei minori… Quanto agli operatori Caritas, segnalano la marcata limitatezza del loro coinvolgimento nell’attuazione del Sia rispetto ai molteplici possibili livelli di cogestione: pubblicizzazione e informazione, colloqui orientativi e di screening, équipe multidisciplinari, costruzione progetti personalizzati… Scarso risulta il coinvolgimento delle Caritas diocesane (avvenuto per circa il 30% di esse) nei progetti personalizzati (fornire informazioni e offrire propri servizi). Ciò avviene anche per “la difficoltà dei servizi sociali di lavorare in rete con gli altri attori”.

L’avvio di una dinamica di reciprocità tra operatori e beneficiari può richiedere a entrambi “un percorso educativo faticoso, non scontato, che presuppone un mutamento di mentalità”, ammesso poi che il contributo economico sia sufficiente a giustificare il rispetto dell’impegno assunto dall’assistito. Molto raramente l’attuazione del Sia ha favorito lo sviluppo di nuovi rapporti con le Amministrazioni locali.

Caritas italiana ha inoltre inviato nei primi mesi del 2017 ai direttori delle Caritas diocesane un questionario per effettuare una prima valutazione della fase di avvio del Sia (settembre 2016 - giugno 2017; vedi Nunzia De Capite, Sia e Caritas diocesane: la fase iniziale , nel Rapporto sopra citato). Tra le direttrici di impegno per la Caritas a livello diocesano e regionale nel processo di attuazione del Sia, si rileva, al livello dell’attività informativa, l’azione svolta al proprio interno, sia verso gli operatori sia nei confronti dei propri beneficiari. Si rimarca altresì l’opportunità di un’attività formativa per gli operatori Caritas, differenziata a seconda delle funzioni da essi svolte nell’attuazione Sia (e dunque anche del Rei).

Una parte rilevante delle Caritas diocesane (più del 70%) ha dichiarato di non essere stata coinvolta nella costituzione delle équipe multidisciplinari - nel cui àmbito Caritas può fornire informazioni e concorrere alla costruzione di progetti, offrendo propri servizi.

La rilevazione dei Comuni

Una rilevazione Anci nei Comuni capoluogo di provincia e regione contribuisce a dare ulteriori indicazioni, per il periodo 2 settembre 2016 - 30 aprile 2017, sugli aspetti principali della gestione del Sia (vedi Fondazione Anci Ricerche, La gestione del Sia nei Comuni e il percorso verso il Rei ).

Il tasso di domande pervenute ogni mille abitanti è pari nel complesso al 5,3%. L’Umbria presenta un valore molto contenuto, nettamente più basso della media (3,1%).

Il tasso di accoglimento delle domande trasmesse all’Inps è stato del 45,4%. In Umbria, esso risulta inferiore alla media (35,4%), pur ponendosi tra i valori più elevati. Tra le cause di esclusione dalla misura, nella maggior parte dei casi si indica l’assenza contemporanea di più tipologie di requisiti: quasi la metà dei casi (44,2%) ha riguardato i requisiti economici e lavorativi. I progetti di presa in carico, costruiti insieme al nucleo familiare, con un patto tra servizi e famiglie di reciproca assunzione di responsabilità e di impegni, incidono, sulle domande accolte, nella media per il 17,7%. È un valore modesto, anche per molteplici difficoltà, tra cui quelle legate alla costituzione di équipe multidisciplinari, e all’incertezza nelle tempistiche dei finanziamenti del “Pon inclusione”, per la presa in carico e il rafforzamento dei servizi sociali. Il Sia prevede un intervento in rete dei servizi territoriali per la presa in carico dell’utenza debole, sotto la regia dei Comuni.

L’81% dei Comuni (rispondenti al questionario) dichiara che ha previsto o attivato accordi/protocolli con altri enti del territorio. Criticità nella collaborazione sono determinate, tra l’altro, dalla carenza di personale informato sulla misura e disponibile a collaborare, e dalla mancanza di supporto e di gestione del coordinamento territoriale da parte delle Regioni.

I Comuni umbri hanno mostrato un’incidenza dei progetti di presa in carico nettamente più elevata della media, ma anche l’assenza di accordi territoriali.

Conclusioni

Tornando alle indicazioni fornite dall’indagine di Caritas sulle diocesi, il quadro attuale, nella prospettiva a breve di avvio del Rei, è ancora ben lontano dal presentare nitidezza di rapporti e stabilità di funzionamento. Come osserva Nunzia De Capite,“la vera sfida del Sia, e del futuro Rei, consiste nel creare sistemi di intervento armonizzati sui territori, in cui ciascun attore sociale agisca in una logica di integrazione e coordinamento con tutti gli altri, all’interno di una regia istituzionalmente condivisa” (op. cit., p. 22).

Pierluigi Grasselli

direttore Osservatorio povertà Caritas di Perugia - Città della Pieve

Gli operatori Caritas segnalano la marcata limitatezza del loro coinvolgimento nell’attuazione del Sia nei diversi momenti: informazione, colloqui, équipe multidisciplinari, costruzione di progetti personalizzati…

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