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Giovani verso Dio percorrendo mille strade

e nel sacrificio. Di queste cose, del resto, Emma ha avuto molte e sorprendenti esperienze.

Al sottoscritto era stata chiesta una riflessione di carattere pastorale ed educativa sul tema, declinata a partire dalla considerazione del pellegrinaggio come di “un viaggio che si fa per cambiare”. I cammini - le antiche e nuove vie di pellegrinaggio o i percorsi costruiti ad hoc - non sono tutti uguali, ma tutti possono attivare alcune dinamiche di cambiamento, che l’educatore deve conoscere e favorire. Il pellegrino, infatti, vive il distacco dalla vita quotidiana, la fatica e la solitudine, elementi che aiutano a entrare in se stessi e a maturare uno sguardo nuovo sull’esistenza.

Ci sono poi le dimensioni della fraternità, della meraviglia e della tradizione, forieri di gioia di vivere, di gratitudine profonda e dell’intuizione di una modalità diversa di affrontare la propria quotidianità. C’è infine l’esperienza profonda del Mistero, che si fa rito, preghiera, commozione profonda… e che non finisce con l’arrivo alla meta, ma continua a dispensare la percezione della presenza di Dio nella vita.

Tutto questo – è spesso accaduto - può suscitare nei giovani un cambiamento profondo, fino a generare scelte vocazionali impegnative.

La seconda giornata è stata caratterizzata da tre laboratori, ciascuno dedicato a un aspetto del pellegrinaggio: lo spessore biblico e teologico; la preparazione e l’organizzazione; la modalità di narrare, con gli strumenti dei giovani, l’esperienza vissuta e il suo significato.

Stuzzicante la coincidenza con l’inizio delle celebrazioni del ’68. Era l’anno in cui - nel bene e nel male - un nuovo protagonismo giovanile ha innescato cambiamenti profondi nella società e nella cultura. Sarà il 2018, magari grazie all’esperienza del pellegrinaggio, un anno segnato da una nuova capacità dei giovani di prendere in mano la propria vita e le sorti del mondo?

Paolo Giulietti

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