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Detenuti senza lavoro, costretti a far nulla

Nell’aprile scorso il Garante dei detenuti Stefano Anastasia, in una relazione alla Terza commissione consiliare della Regione Umbria, aveva già evidenziato le principali criticità delle carceri umbre: la crescita della popolazione penitenziaria abbinata alla scarsità delle risorse pubbliche disponibili; condizioni di vita e di salute dei detenuti contrassegnate dalla difficoltà di accedere alle visite specialistiche e agli esami diagnostici; la mancanza lamentata dai detenuti di attività di reinserimento e di un adeguato sostegno alle iniziative culturali. È in questo clima che si sono venuti a creare, nei giorni scorsi, due gravi episodi di rivolta all’interno della casa circondariale di Capanne a Perugia. Il primo è avvenuto il 27 agosto quando un agente penitenziario è stato tenuto in ostaggio con una lametta per più di mezz’ora da un detenuto cubano di 28 anni, Yoandris Medina Nunez, con la complicità di un altro detenuto trentenne francese. L’agente è stato liberato a seguito di una trattativa. Nunez era stato incarcerato per aver ucciso nel 2015 la sua ex moglie, mentre il francese si trovava in galera per rapina. Il 30 agosto poi un detenuto straniero di 37 anni si è tolto la vita impiccandosi alle sbarre della finestra. Non si sa come però, fra i detenuti si è presto sparsa la voce che il suicida fosse in realtà stato ucciso dagli agenti di polizia penitenziaria. Per questo motivo i carcerati hanno inizia- to a dar fuoco ai materassi e a dare corso a forti proteste in seguito sedate. “Il problema è che i detenuti non hanno molte possibilità di lavorare. Se non lavorano, non hanno quei 50/100 euro al mese per pagarsi delle piccole cose che vogliono comperarsi: un caffè, una pasta in più, le sigarette, i vestiti. Non essendo autonomi economicamente si sentono sempre nel bisogno. In più va aggiunto il sovraffollamento, la reclusione, il caldo. Quindi, in queste condizioni, basta poco per provocare il caos”. Questo il commento sulla vicenda di suor Carla Casadei , che da anni presta il suo servizio in carcere con con l’Associazione perugina di volontariato. Nei mesi invernali suor Carla si reca nella sezione femminile per un laboratorio di cucito insieme ad un’altra volontaria che è modellista. “Andiamo per due ore alla settimana e facciamo fare alle detenute dei piccoli lavoretti”. Durante tutto l’anno poi si reca nella sezione maschile per i colloqui personali. “Le attività lavorative – continua Casadei - vengono concesse solo ad alcuni tipi di detenuti, nel fine pena o per pene lunghe. Però non sono organizzate in maniera continuativa, ma per turni. Ecco quindi che per 2 mesi svolgono la mansione di scopini, portavitto (coloro che portano il cibo nelle celle), bibliotecari, cuochi. Però su circa 300 detenuti, a lavorare saranno una ventina e per un tempo limitato. Bisognerebbe poi coinvolgere più aziende esterne. Dentro il carcere di Perugia c’è una piccola attività aziendale che viene dall’esterno, la Plurima, che fa fascicolazione di documenti, ma sono coinvolti solo 3 detenuti”.

È dello stesso parere padre Francesco Bonucci, cappellano del carcere di Capanne, intervistato da Umbriaoggi. news . “Penso che queste persone hanno bisogno di essere più impegnate durante la giornata perché passano la maggior parte del tempo senza far nulla e questa è la cosa più urgente. Dopo tanto tempo senza avere niente da fare anche la persona più normale impazzisce” ha dichiarato Bonucci.

Dei recenti fatti di Capanne si è occupato anche il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede , il quale ha annunciato che saranno rapidamente attuati “i trasferimenti disposti dal Dipartimento amministrazione penitenziaria per motivi di sicurezza per 19 detenuti individuati come i più facinorosi, che saranno spostati in altri istituti extradistretto”. Il 31 agosto inoltre si sono recati in visita a Capanne il senatore Franco Zaffini e il deputato di Fratelli d’Italia Emanuele Prisco e, incontrando il comandante dell’istituto penitenziario Fulvio Brillo e la direttrice Bernardina Di Mario, hanno individuato nei problemi di organico della polizia penitenziaria la radice dei fatti della settimana scorsa. “La soluzione è costruire nuovi carceri e non certo far uscire i delinquenti, sia chiaro” ha detto Prisco . La relazione dello scorso aprile del Garante evidenziava però come il 16 per cento dei detenuti sia condannato a pene da meno di 1 anno, un dato che lo stesso Garante aveva ritenuto utile per virare verso misure alternative al carcere onde evitarne il sovraffollamento.

Valentina Russo

Casa circondariale di Capanne

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