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La scuola è sospesa, ma continua

Sospese, non chiuse. Stiamo parlando delle scuole italiane dopo i decreti del Governo successivi al 4 marzo che, per ragioni cautelative, hanno impedito la frequenza scolastica per evitare assembramenti, molto rischiosi data la rapida diffusione del coronavirus.

Una scuola “sospesa”, infatti, è una scuola in cui l’attività didattica non si svolge ma resta formalmente aperta. Con la chiusura effettiva degli edifici scolastici, successiva all’ultimo decreto, si è venuta a creare una situazione mai verificatasi nella storia della scuola italiana: scuole sospese con edifici scolastici chiusi.

Questo ha obbligato i vari istituti a organizzare una serie di iniziative di didattica a distanza che, per la scuola italiana, è una cosa senza precedenti. A parte qualche rara eccezione, infatti, mai la scuola italiana ha operato “a distanza”, se non inviando i propri insegnanti domiciliarmente dagli alunni con gravi impedimenti fisici. Questa volta, invece, la “distanza” è stata coperta con le nuove tecnologie.

Sulla spinta prima del Ministero, poi dei vari Uffici scolastici regionali, i dirigenti sono stati, di fatto, obbligati a organizzare un piano di didattica a distanza. Gli insegnanti, in meno di una settimana – anche quelli più anziani e allergici alle nuove tecnologie – hanno dovuto fare i conti con termini come “classi virtuali”, “didattica interattiva” o, peggio ancora, “videoconferenza”, “Hangouts” o “videolezione interattiva”, provando all’infinito e arrivando spesso allo xanax ; mentre altri hanno lavorato intere giornate per predisporre le piattaforme d’istituto.

Sostanzialmente, infatti, internet consente di realizzare un piano di didattica in cui l’interazione fra discenti e docenti avviene o “in differita”, ad esempio con la correzione di verifiche o elaborati inviati online, o “in tempo reale”, tramite una webcam e un microfono che permettono di realizzare l’interazione in diretta.

Tutto ciò, però, è tanto innovativo che i contratti di lavoro degli insegnanti neppure lo prevedono ancora. Va dato atto a questi ultimi di essersi sobbarcati una notevole mole di lavoro senza nessun obbligo contrattuale. E poi un altro grave problema. Molte scuole erano sprovviste di piattaforme e-learning (ad esempio G Suite for education ).

Le quali sono, spesso, molto complesse e richiedono una banda molto larga nella connessione internet. In Umbria, ad esempio, la fibra ottica non è giunta ovunque e alcune zone, ad esempio la fascia appenninica fra Scheggia e Fossato e in parte Nocera Umbra, ne sono sprovviste. Una connessione Adsl non è in grado di sopportare una videolezione di un insegnante e 25 alunni. Il problema è stato risolto dividendo le classi in gruppi più piccoli; ma questo ha, di fatto, dimezzato il numero di lezioni possibili.

Altro grave problema è il seguente: le famiglie con più figli in età scolare, devono garantire la possibilità a ciascuno di assistere a più videolezioni al giorno contemporaneamente, e questo richiede più computer e una velocità internet sufficiente. Si arriva al caso limite di chi scrive: insegnante che fa videolezioni, con moglie anche lei insegnante che fa videolezioni, e tre figli che devono partecipare a lezioni online, talvolta per cinque ore al giorno. Aiuto!

Pierluigi Gioia

Una lezione tramite video conferenza

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